martedì 3 gennaio 2012

Italia: prospettive di un futuro "greco"

Della crisi italiana ed europea stiamo parlando ormai da tempo. Ma diciamoci la verità: lo stiamo facendo in maniera puramente accademica. Di fatto, ancora stiamo vivendo sulla coda di un lungo periodo di benessere; perchè fin quando non si imparano a riconoscere i morsi della fame, si è ancora abbondantemente a galla.


Qualcuno obbietterà che è una visione piuttosto ottimistica. Per certi versi è vero; ma quando si leggono certe informazioni provenienti da una nazione come la Grecia, da cui ci separa un lembo di acqua salata, allora non si può che dire:"stiamo ancora bene".


Quando i bambini iniziano a svenire nelle classi per la fame, quando ad Atene negli ospedali arrivano 200 neonati in stato di denutrizione, quando un cittadino su quattro vive al di sotto della soglia di povertà, uno al limite della stessa soglia e due su quattro fanno ricorso ai loro risparmi per vivere (leggi qui)...
capisci che sulla soglia di casa tua sta arrivando a bussare un mostro.



Eppure non bisogna andare tanto indietro con la mente per ricordarsi di quando, solo qualche mese fa, ad ogni vertice europeo si assisteva alla solita sfilata di leader che spiegavano come Atene non fosse un problema. Ci spiegavano con serietà che i piani di salvataggio avrebbero rimesso in piedi il paese senza problemi.


E mentre molti voci fuori dal coro,soprattutto economisti non allineati, giornalisti indipendenti, bloggers vari, spiegavano quali fossero i veri problemi della Grecia e come gli interventi europei peggiorassero la situazione, la gente precipitava nel turbine di una recessione paurosa.


L'analisi della crisi greca è stata sbagliata dall'inizio. Hanno provato a spiegarci che il problema erano i conti truccati e i numeri sballati. In fondo, si sosteneva, la Grecia ha una economia solida e con un banale riaggiustamento dei conti pubblici si sarebbe ridata fiducia ai mercati e ristabilito un circolo virtuoso di crescita. 


In realtà i problemi della Grecia erano e sono problemi strutturali dell'area Euro, cui si sono aggiunti i trucchi contabili (peraltro usati anche dai virtuosi tedeschi) avallati sia dalla finanza internazionale che dalla Commissione europea. La Grecia, come tutta l'Europa meridionale soffre di un problema di competitività legato al cambio fisso, ed improbo, della moneta unica. Un cambio che ha avvantaggiato l'Europa del Nord e soprattutto la Germania che continua ad avere esportazioni maggiori ad importazioni solo grazie al mercato unico dove i suoi prodotti spadroneggiano.


E proprio la Germania ha fortemente voluto e pianificato l'area Euro, con la quale ha creato un "grande mercato tedesco", basato su una moneta che era la rinominazione del suo Marco.
L'abbassamento generalizzato dei tassi d'interesse ha permesso al capitale internazionale, soprattutto quello tedesco e francese, di cercare nuove possibilità di investimento nell'area mediterranea dell'euro. Ed ogni paese ha usato questi fondi, chi meglio e chi peggio, la Spagna costruendo infrastrutture, la Grecia aumentando il debito pubblico, l'Italia lasciando che l'evasione fiscale si mangiasse i conti pubblici. 


Alcune scelte sono state lungimiranti, altre criticabili. Ma non si può sostenere, come si continua invece a fare, che Italia, Grecia o Spagna abbiano vissuto sopra i loro mezzi. L'afflusso di capitali, l'indebitamento pubblico o privato è stato pagato in moneta sonante, con un costante trasferimento di risorse dal Sud verso il Nord Europa, che le rimetteva poi in circolo. In parole povere, questo movimento di capitale finanziario era usato, soprattutto, per finanziare le esportazioni dell'industria tedesca.


Quello che sta vivendo l'Europa non è una crisi di alcuni Stati che contagiano gli altri. E' piuttosto il fallimento della sua architettura monetaria e di un sistema di mercato in cui è la finanza a farla da padrone.
Se in Grecia hanno contribuito al disastro anche scelte sbagliate dei governi, lo stesso non si può dire per la Spagna e l'Irlanda; per anni queste due nazioni sono state osannate dagli economisti neoliberisti come "esempio di mercato flessibile, dinamico ed efficiente".


Quello che rimane della dinamicità, flessibilità ed efficienza di queste nazioni è ben espresso da questi dati sulla disoccupazione: Spagna oltre il 20%, Irlanda 14%. In Grecia siamo al 17%, ma è un dato destinato ad esplodere in questo 2012. Ed all'ombra del Partenone che sta avvenendo la prima evoluzione della recessione in depressione per uno Stato europeo con moneta comune.


E come già detto, sarà la moneta comune a fare da cappio al collo dell'economia greca oggi, e degli altri Pigs domani. L'impossibilità di operare svalutazioni competitive castra ogni tentativo di ripresa.La crisi si avvita su stessa, e l'effetto è quello delle sabbie mobili.


In situazioni "normali" di crisi finanziaria, il collasso dei conti pubblici travolge l'economia reale ma offre anche un salvagente per ripartire, che è appunto la svalutazione. E' successo in Russia, nel 1998, dove il crollo del rublo ha rilanciato la produzione industriale. E' successo in Corea nel 1997 dove la rovinosa crisi asiatica, e le ancor più rovinose medicine del Fmi sono state superate grazie al rilancio delle esportazioni negli anni immediatamente successivi al collasso finanziario. E' successo pure in Argentina dove, dopo il default, l'economia è ricominciata a crescere ed ha avuto le migliori performance dell'America Latina nell'ultimo decennio.


Quello che è successo solo qualche anno fa in questi Paesi è incredibilmente ignorato dalla nostra classe dirigente. E lo stesso fanno i network dell'informazione mainstream, quella che raggiunge le masse dei cittadini. Il risultato è che siamo prigionieri di un "pensiero unico" in termini di politica economica. Non ci vengono offerte soluzioni che escono fuori dallo spartito di una dottrina economica che ha palesemente fallito. Il neoliberismo riesce a sopravvivere ai suoi disastri, perfino quando sono sbattuti sul muso delle gente.


L'Italia non è propriamente la Grecia. Anzi, è molto diversa e di ben altra solidità e potenzialità. Ma queste ultime possono poco davanti alla scelleratezza di un sistema che divora se stesso.
Quello che sta avvenendo dall'alta parte dell'Adriatico è l'immagine riflessa di un futuro che domani potrebbe essere il nostro; ma che colpevolmente si cerca di esorcizzare fingendo che non esista.


E allora siamo sempre lì, testardamente incuranti della storia e dei suoi insegnamenti; pronti, come sempre, a rivivere gli stessi errori ciclicamente. Ci riusciremo anche questa volta?


Stay tuned








4 commenti:

  1. Sabato 21 Gennaio 2012 ore 18
    Ponte (Bn) Abbazia di Sant'Anastasia

    Incontro pubblico dal tema:
    PERCHE' I TERRONI CAMBIERANNO L'ITALIA

    Presentazione del nuovo libro di Pino Aprile
    "GIU AL SUD"

    Interventi dei rappresentanti della Fondazione Il Ponte e del Partito del Sud, organizzatori dell'evento patrocinato dal Comune di Ponte.

    Conclusioni dello scrittore giornalista Pino Aprile

    Al termine un brigantesco buffet con tarallucci e vini del Sannio

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  2. Ovviamente non mancherò.

    Saluti,
    Peppe

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  3. E' tutto perfettamente vero. MA un elemento fondamentale che non trovo né nei blogs né, tantomeno, nella stampa mainstream é la constatazione che i media (stampa e televisioni) sono ormai divenuti la coscienza del popolo.
    Quello che si vede alla tele o si legge sul giornale é IL PENSIERO. Il popolo accetta il pensiero dei media (che non gli appartengono) come IL SUO. Null'altro é accettabile. Dobbiamo ripartire da qui. I servizi occidentali ci sono ben riusciti con la "primavera araba". Dunque si puo'.

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  4. E' una giusta considerazione che è capitato di fare anche a me...ciao

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