martedì 10 maggio 2011

La logica ferrea dell'appartenenza

Nel mio penultimo post di"considerazioni inutili" vi ho parlato del paradosso politico italiano, e di come le classificazioni politiche "classiche" assumano connotazioni contraddittorie. L'uso dei termini Sinistra-fascista e Destra-socialista era una chiara provocazione, con la quale volevo dimostrare l'evidente confusione ideologica del nostro tempo. E soprattutto l'ipocrisia che si muove dietro l'immagine di facciata della nostra politica.
Ad ogni modo, l'aver riconosciuto ad un movimento politico ai margini del sistema,il merito di aver evidenziato e condannato un"cattivo provvedimento" del governo, ha innescato la solita identificazione con quel partito.
Per cui se dico che Forza Nuova ha fatto bene a condannare l'innalzamento del limite di tasso usuraio per le banche, allora sono un fascista. Così, tranchant.
Ovviamente, per la proprietà transitiva,se domani pubblicherò un post o un link in cui si parla del sistematico smantellamento dei diritti dei lavoratori(vedi vicenda Mirafiori e Pomigliano), sarò chiaramente un militante di estrema sinistra (essendo la sinistra stata complice di Marchionne in queste vicende).

In Italia ormai funziona così. Non è importante il senso di quello che dici, bensì la colorazione ideologica che riveste il tuo verbo. Bisogna avere una divisa, schierarsi e mostrare la targhetta al nemico. Diversamente non sei nessuno. E se va bene sei un qualunquista.

A volte mi sembra che in questo Paese tutto sia assimilato alla cultura calcistica ed al suo tifo. La fede politica è diventata fede calcistica. Col calcio da bambini si sceglie una squadra ed i suoi colori,ci si identifica con essi e li si sostiene incrollabilmente per tutta la vita.
Con la politica si fa lo stesso. Da ragazzi si sceglie una parte, la si metabolizza e fino alla fine si ragiona con quell'ottica di appartenenza, a prescindere da tutto e tutti. E guai a cambiare idea! Se lo si fa, o semplicemente si esce dal gioco delle parti, si diventa reietti, degli apostati, dei traditori.
Il fatto è che il sistema del "divide et impera" ha pervaso le menti della stragrande maggioranza di noi. Non se ne esce. Nessuno è disposto a mettere in dubbio i sacri canoni della propria "religione ideologica": se non credi in questo,allora credi in quell'altro;


  • se non credi in Cristo, allora credi in Maometto; se non credi a Maometto credi in Buddha.
  • Se non credi alla proprietà collettiva dei comunisti, credi in quella privata dei liberisti;
  • se sei favorevole all'aborto sei di sinistra, se sei contro non puoi che essere un clericale di destra;
  • se critichi il neoliberismo devi essere socialista.
  • Se sei contro le guerre della Nato sei un simpatizzante dei centri sociali.
  • Se ritieni iniqua la globalizzazione, allora sei senz'altro un no-global sfascia vetrine.
  • se parli di dittatura del sistema bancario-finanziario, di distorsione del sistema monetario, ti capiscono in pochissimi...per cui sei estremista sia di destra che di sinistra.
  • se ritieni che Israele stia martorizzando e ghettizzando il popolo palestinese, allora devi per forza essere antisemita, e forse pure negazionista.
  • se credi che dietro l'11 settembre ed Al Qaeda si nascondano trame oscure interne al potere americano, sei un complottista; e per la proprietà transitiva credi agli Ufo, ad Elvis Priesley ancora vivo, ed ai rettiliani di David Icke. E così via...

Uscire da questo assurdo schema mentale collettivo è un'impresa. Alla gente fa comodo ragionare secondo categorie precostituite, semplici e nette. Ma soprattutto fa comodo al Potere.
E' meglio tenere il gregge all'interno di recinti ben costruiti e sorvegliati, dove mangiano e digeriscono solo le erbe che si vogliono, così da produrre il tipo di latte voluto. Se invece si lascia il gregge libero di pascolare dove vuole, il risultato sarebbe imprevedibile...

Vi lascio con un articolo di Massimo Fini, che esprime sicuramente meglio di me il disagio del non essere "intruppato" nelle categorie politiche di cui vi ho parlato.

Peppe


Io (né rosso, né nero) cacciato dai comunisti e portato via dalla polizia.



Non c'è niente da fare. In Italia se non sei di sinistra devi essere necessariamente di destra, se non "un fascista". Se non sei di destra, devi essere necessariamente di sinistra, se non un "comunista". E se non sei né di destra né di sinistra, ma contro entrambe o magari "oltre" la destra e la sinistra, categorie politiche vecchie di due secoli? Non esisti. Non hai diritto di esistere. Finché questa chiusura avviene in ambito culturale e politico pazienza. Ma quando a chi non è né di destra né di sinistra viene impedito di esercitare i più elementari diritti civili, la cosa assume un aspetto diverso e grave.

Sabato, col mio piccolo movimento, Movimento Zero, creato un anno fa, avevo deciso di partecipare alle manifestazioni contro la presenza di Bush nella capitale. Avevamo scelto il concerto di piazza del Popolo dove manifestava Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Verdi ed altre associazioni, non perché noi si condivida minimamente le loro posizioni, ma perché ritenevamo che sarebbe stato più tranquillo del corteo che partiva da piazza della Repubblica dove la presenza dei “centri sociali”, dei “disobbedineti”, degli autonomi e la eventualità di infiltrazioni di provocatori come i “blackblock” avrebbe potuto scatenare violenze. Movimento Zero, infatti, non è pacifista, non ha nulla da spartire con l’ “arcobaleno”, ma è pacifico.

Alle tre e mezza del pomeriggio siamo quindi arrivati, in una cinquantina, in una piazza del Popolo semideserta (non più di 300 persone). Eravamo naturalmente a volto scoperto, senza armi, né proprie né improprie, e inalberavamo il nostro sctriscione che diceva: “Con i Talebani per il diritto all’autodeterminazione dei popoli”. Il che non vuol dire che condividiamo l’ideologia talebana – non la condividiamo affatto – ma nei talebani difendiamo il diritto di ogni popolo a filarsi da sé la propria storia senza pelose supervisioni.



La polizia, scherata in forze, ci ha lasciato passare senza fare una piega. Ma dopo pochi minuti è intervenuto uno di quelli che stavano sul palco e ha ordinato al comandante della piazza di farci sgombrare. Perché? “Perché sono di destra”. Il comandante ha ubbidito all’ordine. Siamo stati prelevati, senza che opponessimo alcuna resistenza, portati sui cellulari, identificati, trattenuti per una ventina di minuti e poi rilasciati con il divieto di rimanere in piazza.
Ora, Movimento Zero non è di destra. Lo guido io e proprio i lettori del QN, molti dei quali mi accusano quotidianamente di essere di sinistra se non un comunista, sanno meglio di altri come questa etichetta sia falsa. Ma la questione non è questa. Sono altre. Almeno due. Poniamo pure che fossimo di destra. E con ciò? Non abbiamo il diritto di manifestare liberamente le nostre opinioni “pacificamente e senz’armi” come garantisce l’articolo 17 della Costituzione? O sabato questo diritto era di proprietà esclusiva della sinsitra, di governo o non di governo? Seconda questione. Se la nostra sola presenza in piazza del Popolo era ritenuta un pericolo per l’ordine pubblico, questa valutazione spettava alla polizia o a quel Tal dei Tali (del Pcr, del Pdci, dei Verdi o di Vattelapesca) che è andato a dare un ordine a un funzionario che gli ha vergognosamente obbedito? Quel Tal dei Tali era un privato cittadino come me e i miei amici che ha i nostri stessi diritti e che non è investito di autorità sovrana solo perché occupa, peraltro in modo miserevole, una piazza.



Comunque i cari compagni di Rifondazione & C. – che si sono tra l’altro disinvoltamente dimenticati che io ho partecipato, esponendomi in prima persona, a tutte le manifestazioni contro le leggi “ad personam” di Berlusconi – hanno dato una bella dimostrazione di che cosa intendono per libertà. Coglioni, oltretutto, perché eravamo quasi più di loro e avremmo reso meno deserta la piazza e meno evidente il loro fallimento.
Infine se a qualsivoglia altro giornalista, di sinistra o di destra, fosse stato impedito, come è stato impedito a me, di esercitare i propri diritti di cittadino di professionista, si sarebbe scatenato un putiferio, si sarebbe gridato alla scandalo, il nostro sindacato si sarebbe mobilitato in forze, sarebbero piovute le attestazioni di solidarietà e le interrogazioni in Parlamento. Per me, invece, silenzio assoluto. Già, ma io non sono un giornalista di sinistra, e nemmeno di destra…

Massimo Fini
Fonte: www.massimofini.it

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