giovedì 25 agosto 2011

Vincere la crisi sconfiggendo la finanza:Christina Romer

Fa caldo,terribilmente caldo.E' un calore che ti aggredisce intensamente,e ti stanca.Ma non c'è solo il calore climatico a sfidare la nostra pazienza;dobbiamo fare i conti con il calore di una crisi economica sempre in marcia e sempre più pericolosa.Soprattutto perchè gestita da una classe dirigente impreparata,inappropriata e,francamente,impresentabile.
Non bastasse,paghiamo una tremenda mancanza di un dibattito serio sui giornali e nelle tv mainstream.L'argomento crisi economica è ingessato e fesso,perfettamente allineato alla qualità della nostra politica.Le nostre menti migliori sono lontane dai media,un pò perchè ignorati,un pò perchè hanno il "coraggio" di Don Abbondio.Così per noi poveri italiani è impossibile ascoltare in tv qualcosa di serio,intelligente ed autorevole.
Altrove invece succede che menti eccellenti escono allo scoperto,mettendo la faccia e chiamando i problemi per nome,facendo capire alla gente cosa sta succedendo.


*E’ ciò che stanno facendo, con dichiarata e aperta consapevolezza, diversi (per nostra fortuna sempre di più) economisti statunitensi, francesi, sudamericani, di grande livello, dotati di enorme competenza tecnica, di svariati successi alle spalle, ma soprattutto consapevoli che si è in guerra.
Questa signora la cui immagine vedete in bacheca e che potrebbe far pensare a una simpatica massaia delle pianure dell’Arkansas, Christina Romer, nata il 25 dicembre del 1957, è una eccellente economista, con tre successi eccezionali (e un tragico fallimento) alle spalle, la quale, durante un talk show televisivo americano sul network ABC, circa una settimana fa, sapendo di avere una platea di telespettatori di circa 50 milioni di persone (ha battuto infatti ogni record di audience televisivo) ha dichiarato “Siamo in guerra. E’ una guerra aperta, dichiarata, frontale. E’ la guerra dei neo-liberisti selvaggi planetari, sostenuti dalla destra più retriva in rappresentanza del capitale bancario privato che sta affondando i loro micidiali colpi nel tentativo di espoliare definitivamente la classe media, vera spina dorsale dell’economia statunitense, e baluardo storico nella produzione di ricchezza collettiva, per costruire un medioevo dittatoriale che ci fa dire con tranquillità che il comunismo sovietico di Breznev era, in paragone, un simpatico esperimento sociale divertente. Lo scenario della battaglia in corso era, per lo più, l’Europa: adesso si è esteso anche qui da noi. O la gente lo capisce e si rimbocca le maniche, o non lo capisce. Se non lo capisce vuol dire che è in malafede oppure è masochista. Oppure nessuno li informa. E’ il vantaggio –magari ancora per poco- di una grande democrazia liberale come quella che abbiamo fondato e difeso e salvaguardato in Usa nei secoli: c’è ancora spazio per dire, spiegare, informare. E’ ciò che noi economisti stiamo tentando di fare, disperatamente, prima che la guerra si concluda con una sconfitta planetaria delle persone per bene che lavorano”. 



In seguito a questa presentazione così chiara e precisa, l’indice di ascolto è schizzato verso l’alto e si è aperto un furioso dibattito, com’era prevedibile è stata immediatamente attaccata dai neo-liberisti del tea party che l’hanno accusata di parlare come una comunista assoldata (non si sa da chi). Essendo Christina Romer, ordinario di Economia Politica e Pianificazione Economica delle Nazioni all’Università di Berkeley, essendo stata, inoltre, consulente personale del presidente Obama dal 2007 al 2009 gestendo e risolvendo la crisi economica di allora, (nonché autrice di un programma politico, datato gennaio 2009, dove si prevedeva al millesimo l’attuale crisi finanziaria e del lavoro, in cui presentava analisi e medicine) ha immediatamente avuto anche il supporto di un numero molto alto di sofisticate menti pensanti, di quelle che contano, perché si tratta di famosi multi-miliardari mega ricchi statunitensi, vissuti e cresciuti nell’anti-comunismo militante. 


“Oggi” ha risposto la Romer “sostenere, come io faccio, di essere l’orgogliosa interprete e modesta, modestissima, erede del pensiero di Keynes, rivisitato e applicato alle necessità del capitalismo globale, viene identificato dai pirati criminali al comando delle grandi banche private, veri e propri bastardi, che sono accecati dall’avidità di casta e dall’accidia faziosa anti-democratica, come una dichiarazione di appartenenza a una guerriglia comunista. E’ esattamente l’opposto: sto cercando di dare un contributo al salvataggio del capitalismo, e ritengo di avere il diritto/dovere di spiegare agli americani con molta chiarezza come stanno le cose, denunciando le falsificazioni operate dai media costantemente, perché siamo in guerra e guerra sia. Questa non è una crisi economica. I termini recessione, contrazione, addirittura “depressione economica” la cui sola evocazione ci riempie di sgomento, non sono utili né bastevoli per spiegare come stanno le cose. Se si afferma e vince il disegno del gruppo di tecnocrati sorretti politicamente dall’estrema destra planetaria in funzione anti-democratica non ci sarà più sviluppo. In realtà, la destra ha volutamente radicalizzato lo scontro perché intende prendere il potere politico a livello planetario. Siamo in una guerra tra capitale e lavoro. Il che è una follia. Perderanno entrambi. Il capitalismo funziona solo e soltanto quando produce lavoro e quindi ricchezza collettiva e consumo di massa e investimenti strategici”.

L’intervista, che in teoria doveva essere un normale e sonnolento dibattito sulla crisi economica attuale, si è trasformata ben presto –in seguito al tam tam di centinaia di migliaia di bloggers- in un gigantesco forum al quale hanno partecipato decine di milioni di persone, con la novità del fatto che vengono usate categorie inedite e valenti economisti –sorretti da pluridecorati capitalisti multi-miliardari- sono scesi in campo ad appoggiare le ipotesi di questo gruppo di economisti democratici (ma da noi non esistono?) che sostengono ESATTAMENTE LA TESI OPPOSTA portata avanti dalla BCE, dall’intera truppa mediatica italiana e dai governi di Francia, Germania e GB, le uniche tre nazioni che contano nel vecchio continente.
“Spingere le nazioni europee a immettere il concetto di pareggio di bilancio all’interno del propria costituzione come vogliono fare –così almeno sembra- in Spagna, Italia e Irlanda è un vero golpe e i cittadini devono essere informati. E’ un loro diritto. Così come è bene spiegare che la contrazione del debito pubblico provocherà stagnazione, mentre l’estensione del debito sovrano per stimolare l’economia farebbe di nuovo circolare moneta che dovrebbe servire a produrre le due uniche realtà di cui l’economia reale ha bisogno oggi: lavoro e merci.-Le banche private tengono in pugno i governi ricattandoli perché hanno come obiettivo quello di de-industrrializzare il pianeta spostando gli indici economici dai settori manifatturieri a quelli finanziari, il che vuol dire sostituire le merci con la carta straccia, il che vuol dire sostituire il lavoro con la rendita: una castatrofe per l’economia. Ma lo è anche per la psicologia. In tal modo si spingono individui e popoli a diffondere l’idea che la ricchezza non la si costruisce attraverso l’uso, l’applicazione e l’esercizio del lavoro, bensi’ attraverso l’uso furbo e abile di quotidiane transazioni finanziarie legate a oscillazioni. E’ un abbassamento anche di prospettiva intellettuale. Si spingono individui e nazioni a rinunciare alle strategie di mercato per cercare, invece, come vere e proprie cavallette i campi dove lanciarsi per capitalizzare subito finanza immediata da re-investire subito in qualche altra piazza finanziaria mondiale. Per non parlare del fatto che, quando passano le cavallette dei finanzieri neo-liberisti selvaggi, molto spesso –per non dire quasi sempre- lasciano intere nazioni a secco”.

I due grandi successi e veri e propri fiori all’occhiello di Christina Romer sono quelli ottenuti nel 2004 e nel 2007. Parlano le cifre. Nel 2004, infatti, venne chiamata –come consulente- da una sindacalista argentina, allora all’opposizione, Christina Kirchner (attualmente presidente) per affrontare il problema economico dell’Argentina, crollata sotto il peso dell’attacco dei pirati finanziari e con un debito internazionale impossibile da pagare. La Romer studiò la situazione e fornì le proprie medicine. Le cedettero. Le applicarono. I Kirchner vinsero le elezioni e andarono al potere, applicando una mistura –tinta di colore sudamericano per essere adeguata al territorio locale- di socialismo marxiano nella dimensione politica e di post-keynesismo nella dimensione economica. I punti erano quattro: 1). Rinegoziazione del proprio debito (era il 2004) con il FMI, valutato allora in una cifra di circa 27 miliardi di euro, dalla quale vennero depennati tutti gli interessi composti delle banche creditrici che –negli ultimi dieci anni- avevano investito nel mercato finanziario argentino “inventando” una bolla speculativa fatta di carta straccia, tra cui l’Italia in prima fila. La restituzione di tale debito, ridotto a 14 miliardi di euro, sarebbe avvenuto in cinque anni. A ogni scadenza rispettata, sarebbe stato consentito un aumento del debito pubblico a condizione che la cifra fosse stata investita in infrastrutture interne, opere pubbliche, grandi opere, il cui fine dichiarato fosse quello di produrre lavoro e occupazione. 2). Sgravi fiscali per chiunque assumesse più di dieci lavoratori disoccupati. Le nuove aliquote incassate dallo stato dovevano finire nel 50% conto cassa per pagare il debito, il restante 25% per pagare i servizi pubblici e il 25% in un investimento finanziario in bpt di nazioni come Usa, Giappone e Europa –garantiti dalla Banca Mondale- il cui reddito sarebbe finito come fondo riserva nazionale. 3). Tassa sui grandi patrimoni finanziari e tassa sulle rendite finanziare con l’optional di scelta: chi non voleva produrre merci e/o lavoro pagava un’aliquota superiore dell’80%. Chi, invece, “inventava” imprese che producevano “merci reali” (di qualunque genere, compresi i servizi e il terziario, purchè venissero esclusi tutti gli strumenti cartacei di matrice finanziaria): 4). Abolizione della moneta “austral” (legata al dollaro) –manovra imposta dal ministro del tesoro di Bush- e ritorno all’originario “peso” al cambio di 2 a 1; tragico all’inizio perché comportava la presa d’atto del decurtamento al 50% del potere d’acquisto della moneta, ma che avrebbe funzionato a lungo termine.

Risultato: in cinque anni l’Argentina è passata da una disoccupazione del 56% al 12%.
Il debito con la Banca Mondiale da 27 miliardi di euro a zero.
Per sei anni di seguito il pil annuo è aumentato al ritmo del 12% e negli ultimi due anni è sceso al 9.
Il debito pubblico è aumentato del 63% ma la ricchezza interna produttiva è aumentata del 72%.
Risultato suppletivo: nel 2008 non c’è stato nessun impatto per la crisi finanziaria. Non avevano neppure un dollaro investiti in derivati, hedge funds e altri strumenti finanziari. Avevano investito i soldi dello stato nella produzione di merci.

Secondo risultato della Romer nel 2007 quando era consulente strategico della campagna elettorale di Obama. In Ecuador, nazione allo stremo, con un debito di 3,2 miliardi di dollari, il 70% della popolazione alla fame, una disoccupazione all’ 88%. Si fa assumere dal neo-presidente Rafael Correa e propone l’applicazione dello stesso modulo argentino con una variante in più, data la situazione locale. La Repubblica del Ecuador è il più grande produttore naturale al mondo di banane –le celeberrime chiquitas- solo che il 94% della produzione era nelle mani di quattro aziende, due statunitensi e due europee: la Del Monte e la United Fruit Company (Usa) la Nestlè e la Danone (europee).

Assunta come consulente del governo per la pianificazione economica, fa convocare una riunione con le quattro aziende ma all’incontro ci va lei, con delega. Carta bianca. Li ricatta: o si fanno latori presso la banca mondiale per far decurtare il debito, dopodiché si fanno garanti presso la banca mondiale depositando cash la cifra dovuta, sulla base del calcolo al millesimo dei profitti in percentuale che avranno sulle banane raccolte fino al 2015, oppure le quattro aziende vengono nazionalizzate e perdono tutto. Sei giorni di trattativa. Le aziende hanno accettato pagando con quote e hanno “accorpato” nel cartello una quinta azienda, per la prima volta nella storia dell’Ecuador, la ABN (Asociacion Bananeros Nacionales) un gruppo di 456 nuove aziende produttrici di banane che vantano un 20% delle quote di cartello, le cui azioni sono possedute al 50% dal ministero dell’economia e il 50% dai produttori locali (per lo più giovani strappati alla delinquenza e allo spaccio di cocaina e trasformati in contadini produttori).
Risultato: in quattro anni, la popolazione sulla soglia della povertà è stata ridotta dell’82%.

La disoccupazione è stata abbattuta dall’88% all’11%.
Hanno pagato tutti i loro debiti.
Per costruire infrastrutture inesistenti, cioè ospedali, scuole e strade, lo stato ha aumentato il proprio debito pubblico del 136%. In compenso la ricchezza del paese è decuplicata.
Ha inoltre risolto anche un problema alla California, non più in grado di assorbire emigrazione per via della crisi.
L’emigrazione da parte degli ecuadoriani in Usa dal 52% del 2006 è scesa allo 0% del 2010. Trovano lavoro, salario e casa nella loro terra.
Christina Romer ha spiegato e raccontato tutto ciò alla televisione americana.

“Risolvere il problema dell’America Latina è facile, sono economie piccole. Ma con gli Usa e l’Europa?” hanno contestato in molti.
Tre giorni dopo l’associazione “figli di Cristoforo Colombo”, un gruppo di imprenditori emigrati in California, tutti di origine italiana, l’hanno sollecitata a dire la sua sull’Italia, nel corso di un dibattito svoltosi nel campus della facoltà di economia dell’università di Berkeley.
Ecco le sue medicine. Anzi: la medicina. Ne ha proposta, in pratica, fondamentalmente una e soltanto una.

Lo stato italiano, invece di piagnucolare abbindolando i propri cittadini sul debito pubblico, presentandolo come un cancro, lo aumenta e va controcorrente.. L’Italia ha un debito pubblico che si aggira intorno ai 1.950 miliardi di euro. Portarlo a 2.050 non comporta nessun aggravio SOLO E SOLTANTO SE consente il rilancio alla grande dell’economia in termini di sviluppo. L’Italia può permetterselo. Lo stato lancia un gigantesco piano di rilancio a favore delle istituzioni bancarie, le quali si faranno latori –essendo tutti inter-connessi- presso la bce. I soldi vengono dati a due condizioni: a) le banche disinvestono dalla finanza e danno mutui agevolati alle imprese che producono merci a firma made in Italy. b) possono avere accesso ai mutui agevolati soltanto le aziende che assumono almeno 10 disoccupati in età tra i 18 e i 35 anni. Quelle aziende si vedono decurtati gli oneri fiscali del 50% se assumono e per il solo fatto di assumere. C) le banche e le aziende che non intendono investire nella creazione di lavoro e nella produzione delle merci perché preferiscono investire nella finanza internazionale –sempre a rischio di attacco speculativo- vengono tassate del 50%. Così, si alzano le tasse e si abbassano le tasse allo stesso tempo. Tutte le banche italiane che hanno usufruito dell’aiuto dello stato nel 2008 (circa 45 miliardi di euro per salvarsi dalla crisi) poiché hanno investito quei soldi in finanza di carta e non in produzioni di merci, devono essere tassate subito nella serie “profitti legati a transizioni finanziarie”. Nel solo 2011 le banche italiane hanno perso in borsa la media del 40% del loro valore. Ma nessuno ricorda che nel 2009 hanno avuto profitti, in alcuni casi, del 150%, e nel 2010 del 60%. Che cosa facciamo? Contiamo i soldi quando le cose vanno male e non li contiamo quando vanno bene? Invece di pensare al pareggio di bilancio pensate a dare dei soldi a Sergio Marchionne, se il suo piano comporta assunzione di personale, allargamento di mercati internazionali e creazione di ricchezza collettiva per la nazione, allora vuol dire che va bene. Come mai qui tutti lo stimano, lo rispettano e lo amano e da voi tutti lo odiano?

La medicina è una e una sola: l’unica che può salvare l’economia di una nazione come l’Italia, troppo debole dinanzi al ricatto delle banche private francesi e tedesche: disinvestire dalla finanza per produrre merci: così facendo ci si sottrae alla speculazione, si crea lavoro, si produce ricchezza. Le banche vanno sotto il controllo di un mega ufficio del lavoro supra partes che controlla l’efficacia del sistema e lo fa applicare.”


E’ l’esperienza dell’errore, tragico, compiuto nel gennaio del 2009, consulente economica del neo-presidente Obama, che la fa parlare così. “Allora, Obama, diede –dietro mio consiglio- ben 1400 miliardi di dollari in aiuto delle banche. Pensavamo che umiliati dall’esplosione della bolla finanziaria corressero ad assumere persone e creare merci. E invece si sono presi i soldi e li hanno reinvestiti in un’altra bolla finanziaria. Una vera tragedia. Per questo mi dimisi, allora. Oggi, 20 agosto 2011, lo posso dire. Siamo stati truffati. Cedemmo al ricatto delle banche private: o ci date i soldi o mandiamo a picco le borse mondiali. Abbiamo dato loro i soldi. Stanno mandando a picco le borse mondiali perché hanno reinvestito i soldi su se stessi e non nella società. Una vera tragedia. Questo è l’attuale scenario di guerra.

Questo è ciò che si dice e ciò su cui si dibatte al di là dell’Oceano Atlantico.
Anche quando si parla di noi e della nostra economia. 



Stay tuned




*SERGIO DI CORI MODIGLIANI 
Libero Pensiero 

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