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domenica 17 novembre 2013

Il terrorismo Espresso sulla Campania

Ci sono diversi modi di fare terrorismo. Il più classico è quello che si fa con la violenza; una violenza brutale per i danni, e subdola perché arriva di nascosto, a tradimento, senza nessun annuncio.

Più attuale è invece il terrorismo "mediatico". Rispetto al tradizionale, questo non fa uso di violenza fisica, ma attacca direttamente la mente dei bersagli, avvalendosi dell'informazione.

I risultati sono pressappoco gli stessi. A vantaggio del terrorismo mediatico va il fatto che i danni sono più persistenti nel tempo, impattano su un numero enormemente maggiore di uomini e si deposita nelle menti delle vittime.

L'introduzione era necessaria per affrontare la questione ampia dell'inquinamento in Campania. Bene o male tutti ormai sanno che nell'ultimo venticinquennio, il territorio campano è stato usato come un enorme sversatoio di rifiuti "speciali" e "tossici". Rifiuti per la stragrande maggioranza provenienti da aziende dell'Italia settentrionale, che affidavano alla Camorra il compito di smaltirli: risparmiando così enormemente.

È altresì ormai pacifico che tale business non sia stato ideato dai clan. Quest'ultimi sono stati avvicinati da ambienti imprenditoriali, che in ambiente massonico deviato, stavano cercando di sostituire altri canali di smaltimento illegale, diventati impraticabili (Somalia in testa).

Per anni, nella più totale indifferenza delle Istituzioni e della politica, con i media mainstream che se ne tenevano lontani, questo commercio criminale è andato avanti indisturbato. A un certo punto, a causa della saturazione del territorio e del sistema, il business è iniziato a diventare più difficile.

Il ciclo dei rifiuti, però, è una gallina dalle uova d'oro, da qualunque lato della filiera lo si prenda. Se prima gli affari si sono fatti con lo smaltimento illegale, successivamente lo si è fatto con l'emergenza rifiuti ed il loro spostamento. Poi è venuta la gestione commissariale e l'apertura e gestione di nuove discariche. Immediatamente dopo sono arrivati i grandi appalti ed i progetti per gli inceneritori.

Adesso la nuova, e forse più ricca frontiera all'orizzonte, è la bonifica.

Fateci caso. Dopo che per anni si è tenuta la sordina su tutto ciò che avveniva al territorio campano, con indagini importanti tenute lontane dall'opinione pubblica, giornalisti scomodi imbavagliati insieme a tanti cittadini ed associazioni...improvvisamente si muovono i riflettori e si accendono le luci.

Tutti scoprono la Terra dei Fuochi. E improvvisamente si materializza sui media la faccia e la voce di un pentito: Carmine Schiavone. Un uomo che per anni è stato tenuto congelato, nonostante avesse spifferato tutto quello che sapeva sullo smaltimento illegale dei rifiuti tossici nel 1997; addirittura anche ad una commissione parlamentare.

Oggi viene intervistato da SKY, alla trasmissione Le Iene, appare nei servizi dei telegiornali, è citato sui quotidiani e così via. Una esposizione mediatica di una capillarità ed organizzazione degna delle migliori "campagne promozionali".

Che sia chiaro: la Campania, che per inciso è la mia terra, merita (anzi, ha il diritto) di venire bonificata e restituita alla sua condizione originaria.

La preoccupazione che hanno molti, però, è che questa doverosa opera si risolva nell'ennesima occasione mancata; che interessi paralleli ed intrecci tra grandi capitali, politica e criminalità organizzata, riesca ancora una volta a prosciugare risorse senza risolvere nessun problema.

Un problema che è ben più grave del disagio economico-sociale: perché quello lo si può risolvere in una generazione. Mentre il disastro ambientale ha ricadute molto più lunghe.

Alla luce di quanto detto sopra, la copertina ed il reportage dell'ultimo numero de L'Espresso si inquadrano in quella operazione di terrorismo mediatico, condito da informazioni superficiali e manipolate in modo da creare allarme sociale. L'articolo di Francesco Santoianni che riporto qui sotto, chiarisce bene i contorni della questione.

 

 

Ma perché mai l’Espresso, alla vigilia della imponente manifestazione #fiumeinpiena, trasforma in un terroristico “reportage”, annunciato da una altrettanto terroristica copertina (“Bevi Napoli e poi muori”), l’indagine “ Naples public health evaluation” realizzata, ben quattro anni fa, per conto della CNIC – Commander, Navy Installations Command (una struttura della U.S. Navy preposta agli alloggiamenti del personale) sull’inquinamento in Campania?

Intanto due parole su questa indagine, che l’Espresso assicura essere stata svolta “su un area di oltre mille chilometri quadrati” ed essere costata “ben 30 milioni di dollari”. In realtà, almeno per quanto riguarda l’acqua, l’indagine si occupa di quella dei pozzi che servono (per uso non potabile) alcune villette isolate date in fitto a dipendenti delle basi. Ed è agli inquilini di queste villette che la CNIC indirizza consigli quali, ad esempio, “Lavate i denti con la minerale e fate la doccia con occhi e bocca chiusa” e altre ovvie indicazioni.

Questo è bastato ai giornalisti de “l’Espresso”, forti di una loro davvero sbalorditiva ">affermazione “Gli americani scoprono che l’acqua dei pozzi clandestini riesce a entrare nelle condotte urbane” (di cui non siamo riusciti a trovare alcun riscontro nell’indagine, visto che in questa si afferma che l’acqua “potrebbe” finire negli acquedotti, non che ci sia già finita) per abbandonarsi a considerazioni come: “Ma ci sono minacce anche negli acquedotti cittadini: esce acqua pericolosa dal 57 per cento dei rubinetti esaminati nel centro di Napoli e dal 16 per cento a Bagnoli”. Il tutto condito con le dichiarazioni del “camorrista pentito” Carmine Schiavone “Non solo Casal di Principe, ma anche i paesi vicini sono stati avvelenati. Gli abitanti rischiano di morire tutti di cancro, avranno forse vent’anni di vita.”

E per condire il tutto, ecco la “scoperta” della contaminazione da uranio; un elemento – è bene precisarlo – tipico delle zone vulcaniche, come la Campania o il Lazio, e che si manifesta con la risalita di gas Radon prodotto, appunto, dal decadimento dell’uranio. “Tra tanti dati inquietanti, spunta un incubo che finora non si era mai materializzato: l’uranio. Gli esami lo individuano in quantità alte ma sotto la soglia di pericolo (?) nel 31 per cento delle case servite da acquedotti: ben 131 su 458. Quando si va ad analizzare i pozzi, il mistero aumenta: è rilevante nell’88 per cento dei casi, mentre nel 5 per cento il livello diventa “inaccettabile”. Ossia in un pozzo su venti si riscontra una quantità di uranio che mette a rischio la salute. Tutti i campioni che superano il livello di allarme però sono stati scoperti nell’area di Casal di Principe e Villa Literno. Proprio lì dove il pentito Carmine Schiavone ha descritto processioni di camion dalla Germania che trasportavano fanghi nucleari gettati nelle discariche.”

Ancora più sbalorditive sono, poi, le affermazioni su misteriosi gas tossici che si leverebbero dalle falde freatiche e che, oltre a rendere inabitabile persino il “consolato di Piazza Garibaldi” (ma non stava di fronte al mare, a via Caracciolo?) sarebbe caratterizzato da “dosi di due composti cancerogeni elevate ma tollerabili” (?)

Va da sè che le “autorità” preposte – a cominciare da ABC, la società del Comune di Napoli preposta all’approvvigionamento idrico – in questi giorni, si stanno affannando nello smentire la bufala de l’Espresso, evidenziando i numerosissimi controlli e, anzi l’ottima qualità dell’acqua bevuta dai Napoletani. Ma chi volete che creda alle loro – sacrosante – affermazioni visto che l’Espresso acclama che i dati dell’indagine del CNIC “sono stati resi noti da diversi mesi e sostanzialmente ignorati dalle autorità italiane.”. Ma che cosa di nuovo avrebbero dovuto fare, visto che la presenza di inquinanti nelle acque (che nessuno beve) dei pozzi in aree del napoletano e del casertano è nota da decenni?

Le sdegnate reazioni all’articolo dell’Espresso, (zeppo di altre assurdità , come – ad esempio – la lussuosa Villa Nike a Posillipo, che ospita l’Ammiraglio in Capo della Flotta Usa nel Mediterraneo, che risulterebbe abitabile per un massimo di tre anni) e le strampalate richieste del Popolo della Rete (dove sono in molti a chiedere di “andare a parlare con gli Americani per farsi dire finalmente la verità”) rischiano di disarticolare l’impetuoso movimento che. in questi giorni in Campania, sta riempiendo le piazze per dire – oltre al No agli sversamenti illegali – NO al nuovo inceneritore che si vuole costruire a Giugliano: un colossale business reso ancora più lucroso dai nuovi incentivi deliberati dal governo Letta.

È questo il vero scopo del Gruppo De Benedetti – Caracciolo proprietario del l’Espresso? Esacerbare gli animi per fare accettare la “soluzione” dell’inceneritore? O per imporre una nuova gestione straordinaria dell’emergenza ambientale, magari condita con la sciagurata proposta del Movimento Cinque Stelle di affidare sostanzialmente all’esercito il controllo del territorio? O è solo una delle tante campagne allarmistiche lanciate in primis dal Gruppo De Benedetti – Caracciolo quali la “mucca pazza”, l’” influenza aviaria“, l’allarme Escherichia coli …?

Molte altre ipotesi potrebbero essere fatte. Forse ne parleremo un’altra volta. Per ora una piccola nota personale. Prima di scrivere questo articolo ero andato a trovare un amico che, tra mille difficoltà, porta avanti un caseificio nell’area di Acerra – nell’epicentro della “Terra dei Fuochi”, per capirci- . Mozzarella buonissima; bufale, terreni, acqua e foraggio controllati con ammirevole scrupolo e meticolosità. Lo trovato con la copia de l’Espresso aperta sull’articolo e un tratto di penna che ne sottolineava una frase: “Nel dossier parlano della mozzarella di bufala, descrivendo l’allarme per la diossina, e dicono di averla analizzata: non forniscono i risultati ma spiegano che viene confezionata con latte non pastorizzato e, quindi, per precauzione e “alla luce dell’elevato timore” è esclusa dalle loro mense. Dalla Campania, infatti, non comprano né carne, né latte, né formaggi.” Con rabbia mi ha spiegato che non è così; da anni sono proprio gli Americani i suoi più affezionati clienti. Ma ora, – mi diceva – chi crederà più ai marchi di qualità, ai ferrei controlli, ad un prodotto che dovrebbe essere l’orgoglio del Sud? Crederanno solo a quello che racconteranno i giornali. E le aziende. “Solo da qui. Solo Pomì” annunciava una pubblicità sul settimanale: i pomodori per le sue salse non provengono più dalla “Fukushima d’Italia”, ma (sic!) dalla Pianura Padana.

Fonte: www.francescosantoianni.it

Link: http://www.francescosantoianni.it/wordpress/?p=1134

 

 

 

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