Pagine

mercoledì 18 gennaio 2012

Il caso Natuzzi: altro che "Cresci-Italia"

Se fino a ieri il mantra governativo era "contenere e stabilizzare i conti pubblici", ovviamente a colpi di tagli, nuove imposte e mazzate varie, ora sembra essere "rilanciare la crescita".


Un mio amico direbbe "e ci voleva uno scienziato per capirlo?". Per capirlo di sicuro no; per realizzare concretamente questa intuizione, invece sì. O meglio, con le condizioni attuali, più che di uno scienziato avremmo bisogno di un mago.

Non bisogna essere dei provetti economisti per capire che ad una manovra chiaramente recessiva, come quella imposta dal governo Montinon può seguire nessuna crescita. Del resto io non conosco molte persone che, con meno soldi in tasca, aumentano i propri consumi. E sappiamo bene che se calano i consumi diminuisce la produzione dei beni e dei servizi; cosa che poi determina l'aumento della disoccupazione. E magari finisse qui...
Quando calano la produzione e l'occupazione, lo Stato vede diminuire le entrate fiscali ed aumentare le spese sociali; e dove va a prenderli i soldini per tirare avanti? Ma ovviamente andando ad aumentare ancora la tassazione: e ricomincia il circolo vizioso recessivo. Insomma, è la storia del cane che si morde la coda.
  Quando si parla delle origini della crisi attuale, si tende sempre a concentrarsi sul problema dei debiti sovrani, della finanziarizzazione dell'economia, della deregulation dei mercati e dei problemi monetari. Tutti problemi reali e cogenti, ma ce ne sono altri, e potrebbero essere tutti catalogati come conseguenze della globalizzazione.

Una di queste conseguenze è la delocalizzazione produttiva delle aziende. Gli industriali, per guadagnare in competitività ed aumentare i margini di profitto, chiudono gli stabilimenti nel proprio Paese e vanno ad aprirli dove il lavoro costa di meno. Gli economisti hanno dato un nome a questo vantaggio: dumping.

Ma se fino a poco tempo fa il dumping era un fenomeno "esterno", originato nelle produzioni all'estero, oggi si assiste ad una nuova tipologia di dumping produttivo, ma "interno".
Non stiamo parlando delle aziende del sommerso, quelle che lavorano in "nero"; parliamo invece di quelle che lavorano in..."giallo". Dove per giallo, definizione che non vuole avere pregiudiziali razziali, si intende il lavoro svolto, in condizioni di sfruttamento, dai cinesi.

Avviene, così, che interi distretti produttivi d'eccellenza, che fanno del made in Italy la chiave del loro successo, vengano smantellati dalla concorrenza sleale ed illegale dei cinesi. 
Piccole imprese ed artigiani, da sempre il motore del "genio italico" si trovano messi fuori mercato e costretti a chiudere per sempre. Ma non solo; la qualità tipica delle produzioni italiane si deteriora, andando a svilire anche il brand nazionale.

E' quello che sta avvenendo, tra i tanti casi, nel settore del mobile imbottito del forlivese, da quando sul territorio è emerso il fenomeno dei lavoratori irregolari cinesi che producono ingenti quantità di divani e poltrone a prezzi fuori mercato, in capannoni fatiscenti. Le aziende artigiane locali non riescono più a competere con questa nuova concorrenza slealeperdendo le commesse con clienti della grande distribuzione italiani ed esteri.

Pasquale Natuzzi, fondatore del Gruppo Natuzzi, azienda quotata alla borsa di New York e leader nel settore del mobile imbottito, è uscito pubblicamente allo scoperto denunciando il problema. 
Natuzzi ha 3200 dipendenti in Italia, e vive quotidianamente la crisi che sta attaccando il suo settore. Crisi che non deriva da un problema di appeal della produzione, ma semplicemente da una concorrenza sleale.

Una concorrenza che abbassa la qualità del Made in Italy e favorisce aziende che utilizzano manodopera in nero, sfuggendo quindi alla tassazione.
Del problema se n'è occupato anche Report, con un servizio estremamente interessante:



Prima di occuparci delle liberalizzazioni di tassisti, edicolanti ed amenità varie, sarebbe il caso, caro prof Monti, di intervenire sui problemi come questo: ben più rilevanti e pressanti, perchè minano alla base il sistema produttivo italiano d'eccellenza.

Stay tuned

inchiesta






Articolo sponsorizzato

2 commenti:

  1. Secondo me il Prof. MOnti non è stato messo la per caso, nemmeno per salvare l'italia. Monti deve fare due cose: privatizzare le aziende produttive pubbliche e privatizzare l'acqua (l'oro blu del futuro) dopo di che lui ha svolto il suo ruolo. Degli italiani e dell'italia ? gliene importa poco.

    RispondiElimina
  2. Se fossi "mainstream", dovrei risponderti "Sei un folle complottista!".
    Se fossi un "complottista" ti direi: "L'hanno capito anche i bambini"...

    Da Peppe quale sono, ti dico: "La visione di Monti, grazie alla quale gli è stata favorita la carriera, lo porterà di sicuro a provare le privatizzazioni di cui parli. Ma nella sua agenda non c'è solo quello. Ed in ogni caso non è detto che ci riesca.

    Comunque se devo scegliere, propendo più per la tesi complottista (anche se non la sposo completamente).

    Ciao "Anonimo"(se ti va, la prossima volta usa il tuo nome o un nickname: anonimo sà di...anonimo!?)

    RispondiElimina