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lunedì 5 settembre 2011

Guida al Debito Pubblico

Tutto intorno a te...Ricordate la famosa campagna pubblicitaria della Vodafone?Bene.Ora sostituite il "te" col debito pubblico ed avrete l'ombelico della politica economica italiana degli ultimi 25 anni.
Immancabilmente e ciclicamente ci scontriamo con questo moloch mostruoso,che più passano gli anni,più invecchia e più diventa brutto e cattivo.Tra un pò le mamme disperate,alle prese con i loro piccoli che fanno i capricci,inizieranno a dire "fai il bravo,sennò viene il debito pubblico a mangiarti!".E non direbbe nemmeno una cosa tanto folle...

La disastrosa situazione economica degli ultimi tempi ha riportato in auge il tema del debito,cosicchè non puoi accendere tv,ascoltare un notiziario radio o leggere giornali e riviste senza che se ne parli diffusamente.Il fatto è che se ne parla come se la totalità di quelli che ascoltano e leggono sapesse perfettamente la storia,le vicende ed i meccanismi che stanno alla base del problema debito pubblico.
Oddio,forse dovrebbe
essere così,ma la realtà ci dice che le cose stanno diversamente.Molto diversamente.Non solo;anche chi ne ha una cognizione sufficiente,in realtà si ferma al dato nozionale,di scuola.Ma ignora assolutamente le dinamiche che stanno dietro alla proliferazione del debito degli Stati sovrani.

Allora proviamo a fare un pò d'ordine,mettendo insieme una piccola guida con le informazioni di base, indispensabili per capire di cosa stiamo parlando.



Iniziamo con la definizione ufficiale del debito pubblico data dal Consiglio europeo,che è la seguente: «Per debito pubblico si intende il valore nominale totale di tutte le passività del settore amministrazioni pubbliche in essere alla fine dell’anno, ad eccezione di quelle passività cui corrispondono attività finanziarie detenute dal settore amministrazioni pubbliche». Più genericamente, l’Enciclopedia Treccani spiega trattarsi dell’«importo complessivo dei prestiti che lo Stato, le aziende statali autonome, le regioni, le province, i comuni, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, le imprese e gli enti speciali appartenenti allo Stato contraggono periodicamente a fronte del deficit di bilancio [...]. La copertura del d.p. viene di solito realizzata con l’emissione di titoli di Stato (Bot, Cct ecc.) o con l’aumento delle imposte correnti». Per farla breve e parlare (è proprio il caso di dirlo) “in soldoni”: si ha debito pubblico quando le spese dello Stato sono maggiori delle sue entrate. Elementare. O forse no.

Ora andiamo a vedere quando si è formato...In Italia il rapporto  percentuale tra il debito e il Prodotto interno lordo era di circa il 30% negli anni ’50 e ’60. Negli anni ’70 veleggiava tra il 44 e il 55%, con punte del 65. In quell’epoca, il resto dell’Europa stava più o meno come noi. Il problema è che i nostri cugini d’oltralpe rimarranno su quei valori per tutto il ventennio successivo. Da noi, invece, accadrà qualcosa. Di strano e di pericoloso. Gli anni ’80, infatti, vedono il nostro deficit ampliarsi a dismisura: a metà del decennio (in piena era Craxi), il rapporto debito/Pil supera l’80%, nel 1990 siamo già al 94,7%. Ma la corsa non si ferma, toccando l’apice nel 1994, con un preoccupante 121,8%. Da lì in poi saranno alti e bassi, sempre su valori folli, sia pur con lievi diminuzioni tra il ’95 e il 2005 (sia con i governi di sinistra che con quelli di destra) per poi tornare a risalire.

Stabilire le responsabilità della creazione di questo abisso senza fondo sarebbe ovviamente difficile. Quando si parla di grandi meccanismi e lunghi periodi, del resto, è probabile che il colpevole non sia una persona ma, piuttosto, un sistema, una tendenza, una mentalità. Sicuramente determinati da una serie di concause. Gli analisti, comunque, si dividono. C’è chi attribuisce le responsabilità all’espansione del welfare successiva ai grandi mutamenti sociali degli anni ’70. Chi alla classe dirigente socialista dell’epoca craxiana, cui viene rimproverata una cera mancanza di oculatezza finanziaria. Qualcun altro va più indietro, precisamente al ferragosto del ’71, quando gli americani (Nixon, per la precisione) posero fine al regime dei cambi fìssi instaurato dagli accordi di Bretton Woods. Il precedente sistema basato sulla convertibilità aurea del dollaro, infatti, aveva retto fino all’invasione dei mercati internazionali da parte dei petrodollari. La svolta di Nixon decretò la nascita della finanziarizzazione senza controlli, con denaro nato letteralmente dal nulla(la cosiddetta moneta "fiat") e senza corrispettivi reali.

D’accordo: macrosistemi, tendenze di lungo periodo, grandi mutamenti finanziari. Ma c’è qualche nome e cognome da fare per individuare i veri responsabili dell’aumento incontrollato del debito? Un nome è stato fatto ed è indubbiamente il più comodo da pronunciare per tanti: quello di Bettino Craxi. Eppure, per quanto il leader socialista possa avere le sue colpe, dovremmo forse guardarci attorno, fra i politici ancora in circolazione. Magari tra coloro che certi “ambienti finanziari” vorrebbero alla guida di improvvisati governi “tecnici” in possesso di tutte le ricette giuste (giuste per chi?). Già a inizio anno, precisamente il 4 gennaio, Franco Bechis faceva su Libero i nomi e i cognomi di coloro che, numeri alla mano, hanno maggiormente contribuito ad allargare il buco. Il primo classificato risultava essere Carlo Azeglio Ciampi. Durante il suo governo tecnico (1993/94) il debito aumentò di 117 miliardi e 568 milioni di euro (174 miliardi di euro a valore attuale). C’è chi fece peggio, in realtà: Amintore Fanfani, nel 1987, fece aumentare il debito pubblico di 13,692 miliardi di euro mensili (a valore attuale). Giuliano Amato, invece, nel 1992/93 allargò il buco di 13 miliardi e 543 milioni di euro ogni mese, sempre a valore attuale. E tuttavia, proseguiva Bechis, «visto che sia Fanfani che Amato nella storia repubblicana hanno guidato anche altri governi con migliori performance, fatta la media fra i vari esecutivi il primato in classifica come migliore scaricatore assoluto di debito pubblico sulle spalle degli italiani spetta proprio a Ciampi. Fanfani conquista comunque la medaglia d’argento con 11,448 miliardi di debito in più al mese durante tutti i suoi governi. E quella di bronzo spetta a Craxi, che con 10,8 miliardi di debito mensile regalato agli italiani supera di una spanna Spadolini e Forlani».

Monsieur le créditeur...

C’è poi un altro aspetto interessante (e un po’ inquietante) nella vicenda del debito pubblico. Ricordate quando, a luglio, il governo di Pechino si rivolse a un Obama nei guai con il debito Usa con lo stesso tono in genere usato da Washington con gli stati vassalli? «Speriamo che il governo degli Stati Uniti adotti politiche e misure responsabili che garantiscano gli interessi degli investitori», dicevano i cinesi. E avevano le loro ragioni, dato che quei fantomatici investitori sono soprattutto loro. I cinesi, infatti, posseggono quasi il 10% dell’intero debito Usa. Ecco, in Italia succede una cosa simile, solo con la Francia. Il New York Times, nel maggio del 2010, spiegava che Parigi detiene 511 miliardi del nostro debito, pari al 30% del debito stesso e al 20% del Pil transalpino. Hai capito i francesi. Gli stessi che hanno messo le mani sulla Libia che un tempo era il nostro “cortile di casa”. Gli stessi che danno le scalate ai nostri colossi industriali. Stai a vedere che, come al solito, a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca…

Allora,come diceva Lubrano,la domanda nasce spontanea: che fare? Nel breve periodo e nella contingenza drammatica che stiamo vivendo, ovviamente, si mira a tamponare, a tagliare, a risparmiare, a recuperare. Qualche analista, e in modo trasversale alle categorie di destra e sinistra, comincia tuttavia a mettere in discussione l’intera impalcatura che regge quella che è denominata “la truffa del debito”. Il giovane esperto di geopolitica Daniele Scalea , ad esempio, dichiara di non «negare l’opportunità di ridurre la spesa pubblica» ma contesta «che, lungi dal puntare agli sprechi, si opti per tagli salomonici, e che le ristrettezze di bilancio siano dettate e commisurate agl’interessi da pagare ai rentier. Il rischio è che, se tra qualche decennio l’Italia avrà interamente pagato il suo debito, l’avrà però fatto a costo dell’immobilismo e della stagnazione, ritrovandosi così retrocessa nel “secondo mondo”, o addirittura più indietro». Un ragionamento analogo lo ha espresso Salvatore Cannavò, per il quale «si può certo puntare il dito contro il debito pubblico italiano, il terzo debito del mondo, ma senza dimenticare due dati. Quel debito c’era anche un mese fa, un anno fa, tre anni fa e non ha prodotto nessun attacco speculativo, nessuna crisi emergenziale. Secondo, quel debito è la misura non solo della dissennatezza della politica italiana degli ultimi trent’anni ma anche di una gigantesca redistribuzione del reddito dai salari, stipendi e pensioni ai profitti delle grandi banche e della società finanziarie internazionali che detengono gran parte del debito italiano». E allora sorge una tentazione: non pagare. O pagare solo in parte. Rinegoziare il debito. Come fece l’Ecuador nel 2007 o l’Argentina nel 2005. Pazzie? Teorie visionarie? Be’, se i lucidi, razionali e ortodossi analisti economici ci hanno portato sin qui, forse vale la pena di tentare la carta della follia…

Stay tuned




8 commenti:

  1. E allora sorge una tentazione: non pagare. O pagare solo in parte. Rinegoziare il debito. Come fece l’Ecuador nel 2007 o l’Argentina nel 2005.

    E con lo spread Bpt-Bund che continua a salire di minuto in minuto, mentre scriviamo, mi sa tanto che non c'è alternativa. Salvo il suicidio collettivo.

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  2. Visto che il suicidio collettivo non è un'opzione particolarmente allettante,nè politicamente fruttuosa...direi che non sarebbe male iniziare a vagliare seriamente le opzioni in coda al post.Ciao

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  3. Ciao Ciaula,

    ti faccio i complimenti per l'ottimo post, hai sintetizzato a meraviglia la situazione negli ultimi anni e chi ha veramente interesse a passare all'incasso.

    Vorrei solo sottolineare (non a te in particolare, ma in generale) questo continuo martellare ed incolpare il welfare sotto l'era Craxi, dobbiamo tenere presente che quel welfare diffuso, faccio un esempio, la scala mobile andava a spalmarsi su tutta la collettività.
    Poi c'era il welfare clientelare, CHE TUTT'ORA PERMANE più di prima, ma quello non si tocca.
    Poi, il debito pubblico che lievita per opere inutili e lasciate apposta con il rubinetto aperto per ingrassare le mafie del nord e del sud, di destra e di sinistra ecco quelle non sono sprechi MA SONO INVESTIMENTI PER LA CRESCITA e come tali incensati, venerati, protetti anche dai sindacati.

    Ciau e di nuovo, bel post!
    Barbara

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  4. Ciao Barbara,è un piacere rileggerti.Grazie per l'apprezzamento...
    Le tue osservazioni colpiscono al cuore un problema che meriterebbe un bel post di analisi:che dici,lo scrivo io o lo fai tu?La cavalleria mi impone di lasciarti strada...!
    Battute a parte,il welfare è un casino pazzesco,perchè per la verità paghiamo lo scotto dell'assoluta mancanza di prospettiva avuta una trentina di anni fa,quando la spesa è letteralmente deflagrata senza che nessuno se ne fregasse più di tanto.
    Un ruolo importante lo hanno avuto anche i mutamenti sociali e di costume,che hanno smebrato il concetto di famiglia(senza nessuna accezione clericale,beninteso),e fatto sì che la pensione venisse considerata come una rendita necessaria a sostenere degli anziani senza famiglia.Laddove,da che mondo è mondo,gli anziani sono sempre stati sostenuti,quando non più produttivi dai figli;e gli stessi nonnini erano una risorsa "morale" della famiglia.
    Ti sembrerà una considerazione arcaica,ma a conti fatti non lo è.Andiamo verso un sistema in cui per via dell'invecchiamento della popolazione ogni lavoratore dovrà sostenere due pensionati:è impossibile che sia sostenibile,anche col sistema contributivo.
    Non sono un fan della "decrescita" a tutto tondo,ma in qualche modo dobbiamo iniziare a pensare ad un ridimensionamento del nostro sistema economico-sociale.E questo non si può fare senza rinsaldare e rafforzare il blocco sociale che alla base società o consesso umano:la famiglia.

    Sulla mega opere pubbliche,sui loro sprechi,la loro (in)utilità,il loro costituire rendita per ristretti circoli economico-finanziari,per l'indotto di malaffare che generano,e l'ormai pressapoco inesistente ricaduta di indotto e reddito per i cittadini-lavoratori comuni...rimando la mia mente,ed i pensieri di quelli che leggono questo commento,ai tuoi tanti articoli sugli scempi e l'inopportunità della Tav.
    Un abbraccio

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  5. Ciao Ciaula,

    provo a spezzarlo in due il commento perché non lo invia...forse è troppo lungo..

    prima parte eh eh
    ma figurati...per me un post è un parto (solo quelle poche righe che scrivo di mio pugno) tu sei molto bravo nella sintesi e puntualizzazione..no no ti lascio volentieri l'onore eh eh...

    Sì, il welfare è un casino ma, prendiamo dei punti fermi:

    - c'è chi ha versato anni ed anni di contributi e riceve una miseria.
    Questo non è giusto perché non sono soldi che ha rubato come spesso la campagna martellante che poco ci manca invita a liberarsi degli anziani perché "i giovani" se li devono mantenere.
    Questo aizzare lo scontro generazionale è solo vigliacco, sono queste maledette consorterie che hanno già rapinato il giovane ora passano all'anziano.

    - chi ha versato i contributi per pochi anni e va in pensione con pensioni stratosferiche
    e questo sì che è un ladrocinio ma con la scusa che ci sono queste pensioni cosa fanno? Se ne approfittano per toglierle o abbassarle ai primi

    - gli invalidi o chi purtroppo ha problemi.
    Il compito di uno stato è tutelare la sua cittadinanza, composta di persone che hanno da mangiare due volte al giorno e la costituzione che tutti sbandierano dice che si dovrebbe vivere dignitosamente.


    - quanti sono i contributi raccolti da persone che hanno versato una vita e poi per morte o incidente sul lavoro non la incassano?
    Chi li prende quei soldi?

    - i disoccupati all'estero, ovunque percepiscono un sussidio di disoccupazione
    In Italia esiste, ma viene concesso solo in maniera clientelare, tipo falsi invalidi.


    Il fatto è che queste priorità, vero scopo dell'esistenza di uno Stato, almeno secondo me,
    se non è in grado di soddisfarle, o meglio se le priorità sono solo alle consorterie del malaffare, ecco che cominciano i pubblicitari a rompere le palle che siamo noi cittadini italiani che viviamo al di sopra, che "pretendiamo una pensione", i giovani pretendono il lavoro fisso.
    Eh, anche le bollette son fisse, anche i mutui son fissi, anche mangiare due volte al giorno è una costante.
    Il mercato che dovrebbe attraverso il salario consentire una vita dignitosa ha fatto l'ingordo e s'è magnato una fetta più grande, fino ad ingurgitare lo Stato e la Banca d'Italia.
    Pensiamo a quanto welfare si potrebbe finanziare se avessimo una Banca pubblica ed uno stato che la dirige alla collettività nel suo insieme e non alle clientele, in primis penso al signoraggio.

    Sono d'accordo con te riguardo all'opportunità del vivere più generazioni sotto lo stesso tetto dove sia l'anziano che il giovane ricorpivano un ruolo importate al fine del mantenimento della famiglia stessa, oggi si assiste all'assurda colpevolizzazione dei giovani che come precari non sbarcano il lunario e devono comunque sempre più spesso appoggiarsi all'aiuto degli anziani causa redditi bassi e spesso precari, sempre per coloro che hanno la fortuna di avere dei genitori che una pensione dignitosa ce l'hanno.
    Si colpevolizzano quegli anziani di percepire queste pensioni che spesso devolvono ai giovani ai quali il mercato ha rubato la possibilità di mantenersi e lo stesso mercato esigerebbe che non solo con il reddito basso o precario si dovrebbero sostentare ma che dovrebbero persin provvedere a genitori magari anziani che con la loro pensione non riescono a pagarsi una badante o stare in una struttura che li possa seguire qualora avessero problemi di salute.

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  6. seconda parte..

    Si è davvero passato il segno, tutto perché il mercato ha risucchiato quelle risorse che prima rimanevano in famiglia, con la complicità dello stato asservito ai comitati d'affari.
    Colpevolizzando quindi giovani e pensionati il mercato si legittima il furto.

    A questo punto sarebbe opportuno che gli anziani e giovani tornino a vivere sotto lo stesso tetto per ridurre le spese di mutui, perché tanto ci hanno già costretto a fare questo passo "indietro".

    Pensa a quanti mutui son stati accesi perché le famiglie invece di vivere in quei bei casolari dove si occupavano di coltivare ed allevare per il sostentamento familiare, son state illuse di poter vivere in altro edificio a suon di mutui e bollette extra. Ci hanno prima ingannato spingendoci a indebitarci per vivere altrove e lavorare nelle fabbriche e uffici vari, ma quel reddito se lo son ripreso lasciando il vuoto o lasciando alla vecchia generazione allungare soldi per i figli che hanno a sua volta figli e non riescono a tirare avanti.Chi se lo è preso quel surplus prima concesso?
    Se le famiglie se ne fossero rimaste all'interno (per fare un esempio) nel casolare ad occuparsi l'un dell'altro, non avrebbero potuto generare del reddito poi risucchiato dall'economia e dalla finanza, ma almeno le presone avrebbero sopperito ai propri bisogni che oggi non sono coperti.
    Ci hanno ingannato e defraudato ben bene!
    Io non ne ho le capacità ma a te verrebbe un capolavoro di post!

    Un abbraccio anche a te
    Ciau!
    Barbara

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  7. ariciao...
    dimenticavo....
    Questo scenario inoltre si va ad innestare su una situazione nella quale quel tal mercato non genera più posti di lavoro, in ogni caso.
    Vuoi perché delocalizza, vuoi perché la concorrenza e competizione in un mercato globale butta fuori noi europei appesantiti dal welfare, unsomma siamo un surplus di cui il mercato non abbisogna.
    Non solo, è stato quel mercato a creare tale surplus, ha distrutto in nome della produttività, dell'economia di scala e tutte le menate economicistiche, tanti posti di lavoro, pensiamo ai casellanti che quando sono arrivati i sistemi automatizzati hanno generato disoccupati.
    Con l'avvento della grande distribuzione, quanti negozi son stati fatti fallire?
    Chi se ne è occupato di loro, il mercato?
    Quando a seguito della robottizzazione della catena industriale son stati espulsi operai, chi se ne è occupato di loro?
    Dovevano morire al macero?
    Come mai il mercato che genera disoccupati non se ne assume la responsabilità?
    Troppo comodo poi lasciarli in balia del welfare ed esigere perfino che questo welfare sia abolito.

    Il mercato non può esigere la botte piena e la moglie ubriaca, lo Stato sarebbe stato il freno a mano di questi squali insaziabili, ne è diventato da tanto tempo il cameriere.

    Penso ai luddisti e quanto avevano ragione ad aver compreso i pericoli dell'accentramento del lavoro in un padrone solo e a suon di macchine.
    Ribelli al futuro parla della loro lotta, bellissimo libro, io mi commuovo difficilmente ma mi ha fatto proprio star male....

    Ciau..
    in attesa di leggere un tuo post ti riabbraccio!
    Barbara

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  8. Barbara cara,sei troppo,troppo modesta.Il post di cui parli ce l'hai stampato per bene in mente,si vede dal calore e dal trasporto con cui ne hai scritto.Tra l'altro, quelli che hai elencato qui sopra sono quasi tutti gli elementi di cui hai bisogno.Ti basta unire i puntini...
    Come per me,immagino che anche tu abbia problemi con il tempo.Il blog ne richiede abbastanza,e non sempre ce n'è.
    Comunque resto in attesa,con molta pazienza,del tuo post.

    Ti abbraccio e a presto.

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