Pagine

mercoledì 29 giugno 2011

No Tav: un favore all'Italia intera

Quello che sta avvenendo in Val di Susa è il segno visibile e tangibile della degenerazione del nostro "Sistema-Paese".La Torino-Lione è un'opera inutile,costosissima e dannosa per l'ambiente;che per quei luoghi è tutto.Vi consiglio la lettura di questo articolo da un ottimo blog,molto attivo sul problema Tav.
Buona lettura,

Peppe


da:dadietroilsipario.blogspot.com


No Tav: un favore all'Italia intera

Nella contestazione dei comitati c'è la salvaguardia di un diritto importante alla tutela del proprio territorio contro la cultura degli sprechi e del malaffare. La verità sepolta dal silenzio assordante dei media
I No Tav della Val di Susa stanno facendo un favore – un gran favore – a tutt’Italia. Ora si parla di aprire urgentemente il cantiere della linea ferroviaria Torino-Lione per non perdere i fondi europei, mentre i maggiori media e le varie istituzioni descrivono il movimento come un frutto della sindrome Nimby (not in my back yard, ovvero: la linea ferroviaria fatela pure, ma lontano da casa mia), o come figlio di un irragionevole quanto bucolico “come era verde la mia valle”.
La Val di Susa è bruttissima, parola di torinese, e infatti i valsusini non difendono un presunto paesaggio incontaminato. Si battono contro il peccato originale della Tav Torino-Lione, cioè contro il fatto che è assolutamente inutile e che secondo i più aggiornati calcoli costerà, per la sola parte di competenza italiana, 15-20 miliardi di euro. Il triplo di quell’altra assurda inutilità chiamata ponte di Messina.

C'è chi obietta che ci sono i fondi europei da spendere! Ma l’Italia, per ricevere 6 milioni e rotti di finanziamenti Ue, ne estrarrà 25 volte tanti dalle nostre tasche.
Soldi che – soprattutto in tempi di crisi – potrebbero essere spesi molto meglio. Asili nido, scuole, ospedali… Qualcuno vuole continuare l’elenco?

domenica 26 giugno 2011

Il punto sulla crisi dell'Euro.

Crisi del debito europea:dove eravamo rimasti?
In buona sostanza siamo inchiodati sempre nella stessa situazione.La Grecia è in bilico sull'orlo di un precipizio che si affaccia nel vuoto,chiamato dagli economisti default.
Una piccola novità in realtà ce l'abbiamo.Il nuovo presidente in pectore della Bce ha un nome ed un cognome a noi italiani molto familiare.Per la verità è un nome ed un uomo molto familiare anche all'establishment finanziario europeo e mondiale,conditio sine qua non per raggiungere posizioni di quell'importanza.Cosa che non depone particolarmente a favore degli interessi della Nazione di provenienza del nuovo presidente,nonostante il giubilo ingenuo di qualche commentatore nostrano.Naturalmente parliamo di Mario Draghi.
Il "paisano" arriva sul ponte di comando della Bce in un momento storico delicatissimo;talmente delicato che potrebbe essere l'ultimo presidente a governare una moneta unica.Il destino dell'Euro pare segnato,nonostante gli ostinati sforzi della euroburocrazia di tenerlo in piedi.Ma riassumiamo le ultime vicende:
La Germania,il dominus dell'unione in campo monetario,si sta dando un grande da fare per evitare il default greco.Ma a Berlino hanno scelto un approccio conservativo.Nel senso che vogliono sì evitare il tracollo della Grecia,ma vogliono farlo senza far gravare gli aiuti solo sulle loro spalle e sulla munificenza di "carta" della Bce. Questo per non creare e far accreditare presso gli Stati in condizioni prossime alla Grecia(Portogallo,Irlanda e Spagna) l'idea che si possa contare su aperture di credito infinite;cosa che rappresenterebbe una valvola di sfogo temporanea per quei governi,ma fatalmente letale per il Sistema-Euro.

venerdì 17 giugno 2011

Bilderberg report 2011

Premessa

Nel mondo della finanza internazionale, c'è chi dirige gli eventi e chi reagisce agli eventi. Mentre si conoscono meglio i secondi, più numerosi, e apparentemente più potenti, il vero potere rimane ai primi. Al centro del sistema finanziario globale c'è l’oligarchia finanziaria oggi rappresentata dal gruppo Bilderberg.

L’organizzazione del gruppo Bilderberg è dinamica, si adatta ai tempi, assorbe e crea nuove parti mentre espelle quelle che decadono. I suoi membri vanno e vengono ma il sistema non è mai cambiato. È un sistema che si perpetua, una ragnatela virtuale di interessi finanziari, politici, economici e industriali intrecciati con il modello di fondo veneziano ultramontano al suo centro.



Ora, il Bilderberg non è una società segreta. Non è un occhio maligno che tutto vede, nè una cospirazione giudaico-massonica. Non c'è alcuna cospirazione anche se tanta gente con fantasia infantile la ritiene tale. Non c'è nessun gruppo di persone, per quanto potenti possano essere, che si siedono intorno a un tavolo in una stanza scura tenendosi le mani, con gli occhi fissi sulla sfera di cristallo, che pianificano il futuro del mondo.

Il Bilderberg non è un mondo cartesiano di fantasia, nel quale le intenzioni isolate di alcuni individui, piuttosto che le dinamiche di processi sociali, determinano il corso della storia come movimento di idee e tematiche che si sviluppano per le generazioni a venire. È scientificamente significativo che le più svariate teorie cspirazioniste popolari riflettano lo stile peculiarmente patologico della fantasia infantile associata ai culti di The Lord of the Rings, Star Wars e Harry Potter. La caratteristica forma di azione mentale che questi culti esprimono è il potere magico della volontà, che agisce fuori dalla dimensione spazio-temporale. 

Invece, è l’incontro di persone che rappresentano una certa ideologia. Il Bilderberg è un mezzo per far incontrare le istituzioni finanziarie che costituiscono i più potenti e predatori interessi finanziari del mondo. E in questo momento, questa combinazione è il peggior nemico dell’umanità. 

lunedì 13 giugno 2011

Piccola riflessione sui referendum

Successo doveva essere,e successo è stato:meno male.Ad essere sinceri sono stato largamente pessimista sul raggiungimento del quorum,e mai come oggi sono contento di essermi sbagliato.
Però qualche riflessione,seppur a caldo va fatta.Il 57% è qualcosa di cui gioire per la validazione del referendum,ma non certo per lo stato di salute della nostra democrazia.Lo dico perchè la portata dei quesiti di questa tornata referendaria era di quelle che dovevano muovere un'intera Nazione.
Qui non si parlava di pattume politichese,di principi astratti per la vulgata,di quisquilie tecniche da costituzionalisti lontane anni luce dalla "vita reale" del cittadino medio.
No,qui si parlava di temi che toccano la Vita degli uomini ed i diritti basilari ad essa collegati.Per questo avrei voluto ascoltare giovani,anziani,genitori,sinistrorsi,destrorsi etc confrontarsi,litigare,passarsi parola,mobilitarsi.Invece ho assistito a stanchi figuri che si sono trascinati al voto per inerzia,e ancora più stanchi soggetti che si sono rifiutati di farlo.Perchè:
1)non avevano capito un cazzo del motivo per cui avrebero dovuto votare
2)perchè sono irrimediabilmente sfiduciati dalla politica.
In ogni caso,con queste condizioni è un successo di cartone.

Il mio mondo è molto piccolo,ma credo possa essere una rappresentazione abbastanza varia della società.E purtroppo ho visto una molto esigua minoranza essere realmente cosciente di cosa significhi essere pro o contro il nucleare,pro o contro la privatizzazione dell'acqua e così via.
Ho sentito cose allucinanti,a metà strada tra il comico ed il tragico.Ed ho pensato alla diabolicità della televisione:quando informa male,in maniera strumentale fa danni;quando non informa proprio(come nel caso dei referendum)riesce a farne ancora di più!

venerdì 10 giugno 2011

Economist vs Berlusconi vs Italia

Lo ammetto:gli inglesi non mi sono particolarmente simpatici.Il loro atteggiamento da primi della classe,di censori e di maestri della democrazia e del buon governo mi dà sui nervi.Figuratevi poi quanto li posso amare quando un loro importante periodico come l'Economist si occupa della nostra Italia!
Ora,i sentimenti che nutro per Berlusconi sono pressappoco della stessa specie di quelli che ho per gli inglesi;con questi ultimi in vantaggio sul vecchietto di Arcore...Fatta questa premessa,l'ennesimo articolo che attacca B. lo trovo,come sempre,qualcosa di irritante.
Per carità,il fallimento del Cav è inequivocabile,e la sua sempre crescente impresentabilità non ammettono repliche.Quello che però mi infastidisce è il ruolo che l'Economist svolge subdolamente.
La stragrande maggioranza di voi che state leggendo è abbastanza smaliziata ed informata da comprendere a cosa mi riferisco.
Il periodico inglese è da sempre una sorta di avanguardia,di cassa di risonanza dei desiderata formulati dall'elite finanziaria della City londinese.Quello che i gentlemen del Potere,quello vero,pianificano in maniera discreta e riservata,viene fatto passare su testate come Economist;in questo modo si opera la "public suasion",e si prepara il terreno per l'impianto delle riforme neoliberiste.
Nel caso italiano,il tentativo di condizionamento dell'agenda politico-economica vanta una tradizione secolare.La "perfida Albione" da sempre si adopera per indirizzare lo sviluppo della nostra storia.Lo stesso Risorgimento è una loro raffinatissima operazione geopolitica.Ma questa è un'altra storia...
Venendo ai giorni nostri,l'esempio per eccellenza dell'ingerenza inglese e della sua capacità di pervadere la nostra politica,è l'episodio del "Britannia".
Era il 2 giugno del 1993.Cento giorni prima era stato arrestato Mario Chiesa,e Tangentopoli era già nel pieno del suo clamore.Tutto il sistema politico italiano vacillava paurosamente.Ma in quel marasma i potenti erano pronti a cogliere al volo le occasioni...
A bordo del Britannia, il panfilo della regina Elisabetta in rotta lungo le coste tirreniche,negli splendidi saloni del panfilo si danno appuntamento oltre centro tra banchieri, uomini d’affari,pezzi da novanta della finanza internazionale, soprattutto di marca statunitense e anglo-olandese.
A guidare la nostra delegazione - raccontano in modo scarno le cronache dell’epoca - proprio lui, Mario Draghi, che ai "signori della City" illustra per filo e per segno il maxi programma di dismissioni da parte dello Stato e di privatizzazioni. Un vero e proprio smantellamento dello Stato imprenditore.

giovedì 9 giugno 2011

L'igiene contronatura dell'industria alimentare

di Edward Goldsmith 


In tutto il mondo i piccoli produttori di generi alimentari e i commercianti di tipo tradizionale stanno progressivamente chiudendo a causa di gravose leggi dello Stato, che impongono spese fuori dalla loro portata in nome dell' "igiene". Ma è quest'ultimo il vero motivo che fa chiudere i piccoli produttori alimentari e lascia che le grandi industrie ripuliscano il loro mercato? Per i piccoli produttori alimentari e i commercianti di ogni tipo diventa sempre più difficile sopravvivere da soli nel contesto di un'economia globalizzata e impegnata a massimizzare il commercio e lo sviluppo. Tale tendenza si è enormemente accentuata grazie anche alle regole imposte dall'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che obbliga i governi ad aprire i mercati nazionali agli alimenti di importazione, in particolare a quelli, solitamente ben sovvenzionati, degli Stati Uniti. Il prezzo della soia importata in India e proveniente dagli USA sarebbe di 34,8 dollari al quintale, invece degli attuali 15,5, se il governo americano non lo sovvenzionasse. [1] Nessun contadino, né in India né altrove, può competere con questo prezzo.